La violenza psicologica è subdola e graduale per cui molto difficile da riconoscere. La vittima sente che c’è qualcosa che non va ma non riesce ad individuarne il motivo.

La violenza psicologica non si mostra mai sin dall’inizio con il suo vero volto ma veste le maschere delle lusinghe, del corteggiamento, dell’affetto e infine della seduzione. Inizialmente i rapporti sono idilliaci, perfetti, quasi surreali e lui sembra (terribilmente) la “tua persona”.

Ma quando è troppo bello per essere vero, significa che non è vero e a questa fase di honey moon si passa più o meno progressivamente ad una fase in cui sembra di stare sulle montagne russe: il partner ha cambi repentini di umore, scatti d’ira per banalità che giustifica con stanchezza e stress, in certi momenti è distante.

Compare così una delle tante altre facce (partner perfetto, carnefice, vittima) e le tante certezze iniziamo a vacillare, ci si sente disorientati e storditi e sul volto il sorriso raggiante inizia a lasciare per qualche momento il posto ad un velo di tristezza, con la bocca serrata. A poco a poco arrivano le prime critiche, i disappunti ma la vittima si colpevolizza per quel cambiamento perché, se la colpa è sua, allora può trovare una soluzione. Inizia così a mettere in atto una serie di atteggiamenti compiacenti e controllanti gli abusi verbali, con l’illusione che il brutto momento passerà e il principe azzurro tornerà in sé mentre il falso principe azzurro inizia a dettare le regole di una relazione fatta di potere, sopraffazione, controllo.

Gli uomini che agiscono così (manipolatori, narcisisti) pensano che l’amore renda deboli, succubi e che metta in ginocchio e che il controllo, il potere e la sopraffazione siano l’unico modo per sentirsi adeguati e a proprio agio nella relazione mentre non si rendono conto che l’amore rende debole solo chi lo è già (e non lo sa). Agiscono da dentro: prima conquistano, comprendono e tu apri le porte della tua anima e fai scorgere loro i corridoi più bui…li si insinuano e iniziano lo “sporco lavoro”. Da dentro. Distruggendo le tue cose più intime: autostima, desideri, soddisfazioni, aspirazioni e amore attraverso insulti più o meno diretti, critiche sottili, una (nascosta) negazione di libertà anche nella scelta delle cose più banali (come, per esempio, il ristorante dove andare a cena), un graduale isolamento dagli amici più cari . La vittima è frastornata e disorientata, troppe arrabbiata per ammettere a se stessa di essersi sbagliata così tanto su quell’amore, troppo indebolita per ribellarsi o andarsene. E allora resta. Resta nella spirale della violenza dove i comportamenti di abuso psicologico si alternano a fasi di “luna di miele” in cui la donna rivive il miraggio dell’idillio iniziale, sperando che tutto torni come allora. La violenza psicologica rappresenta il il terreno su cui si instaura la violenza fisica: non esiste, all’interno della coppia, l’aggressività agita senza che vi sia stata violenza psicologica. Non è vero il contrario: esistono relazioni in cui la violenza psicologica è sufficiente a controllare l’altro per cui non si arriva mai ad agire violenza.

I recenti fatti di cronaca possono essere portati di esempio per comprendere la complessità del fenomeno, la mancanza di conoscenza rispetto alle dinamiche della violenza e i pregiudizi: il caso del famoso dermatologo (attualmente imputato dell’omicidio della moglie ma sul quale gravano indizi piuttosto pesanti) ha sconvolto tutti in quanto, erroneamente, si pensa che la violenza appartenga solo a realtà caratterizzate da degrado culturale e economico. Si pensa anche che l’assassino agisca in preda ad un raptus mentre gli omicidi sono studiati e premeditati e si inseriscono all’interno di relazioni non conflittuali, ma violente, dove la violenza psicologica non viene percepita o denunciata. Nel caso in questione l’immagine sociale ha svolto un ruolo determinante: belli, ricchi, famosi e felici (agli occhi della comunità). Tanto perfetti da non sembrare veri. E con tutta probabilità all’interno di quella coppia, tra le mura di casa, quella donna ha sopportato il peso di quel ruolo e di quell’immagine (oggettivizzata) che il marito aveva costruito e al quale teneva più di ogni altra cosa, tanto da “cancellarle” la faccia, perché lui stava perdendo la sua. Tanto da violarla prima nell’intimità di donna perché lei aveva fatto crollare la facciata.

Questo per riflettere su come sia difficile riconoscere e denunciare la violenza psicologica che viene negata sia dall’aggressore che dai testimoni; non ci sono dati oggettivi che provano la realtà di ciò che la vittima subisce e questo fa sì che essa stessa dubiti di ciò che prova. Non lascia segni sul corpo ma ha conseguenze devastanti (ansia, depressione, attacchi di panico, DPTS), a volte letali.

E’ importante quindi rivolgersi ad un professionista specializzato in materia di violenza o ai Centri antiviolenza che offrono sostegno psicologico, tutelano la privacy della vittima e non obbligano alla denuncia o a nessun altra presa di posizione che non sia la donna a stabilire.

Bibliografia

M.F.Hirigoyen: Molestie morali. Einaudi. Torino. 2000

P.Cendron: Il prezzo della follia. Il Mulino. 84